II
La vidi
per la prima volta il nove febbraio del 2013, era seduta ad un bar e strappava
pagine dal libro di filosofia per farne dei filtri. L’appuntamento glielo avevo
dato io, tramite amici; alle 18.30 al bar Algi, la paradossalità di un nome che
era formato dalla prima sillaba dei nostri due messi insieme. Giulia e
Alessandro… Giulia e Alessandro (quanto mi manca sentirli ripetere).
Quel
giorno aveva indosso un vestito lungo, nero, che le copriva le gambe fin sui
ginocchi e un paio di ballerine dello
stesso colore abbinate ad un simpatico cappello francese.
<<Alessandro!>>
mi disse impulsiva quando le apparvi di fronte. Non <<Tu devi
essere…>>, <<Ciao, sono Giulia, tu sei…?>>. No, Alessandro.
Un nome secco, diretto, detto con l’irruenza della sicurezza, con la
sfrontatezza della gioia; così come irruenta e gioiosa era tutta la sua
persona.
<<Ciao…>
le risposi io, <<tu sei… Giulia>> soggiunsi con un po’ di finta
incertezza, non sapendo come reagire al suo modo di fare. Sorrise.
<<Siediti, dai>>.
Allora mi
sedetti. In un modo un po’ macchinoso.
<<Hai
un accendino?>> Subito ripartì con le domande.
<<Sì>>
<<Allora.
Sei anche tu a lettere classiche?>>
<<Sì>>
le risposi allo stesso modo, mentre l’aiutavo ad accendere.
<<Come
mai hai scelto lettere?>>
<<Lo
sai che è una domanda terribile, vero?>>
<<Lo
so>>
<<Per
fortuna!>>
<<Però
rispondi lo stesso>> disse in concomitanza alla mia frase.
<<Va
bene… allora… è… come dire… ho scelto lettere classiche perché sono bravo col
greco>>
<<Modesto!>>
disse subito lei.
<<…
e perché ho un sognoefammifinirelefrasi>> le risposi tutto difilato.
<<Un
sogno?>>
<<Un
sogno.>>
<<Vuoi
insegnare?>>
<<No>>
dissi con una punta di mistero, riponendo l’accendino nella tasca destra del
giubbotto.
<<Vuoi
diventare professore universitario?>>
<<No>>
<<Vuoi…>>
<<Voglio
fare il poeta>>
<<…>>
Ci furono
secondi di silenzio e poi
<<Oddio,
eccone un altro>> sbuffò improvvisamente portando la mano alla fronte
<<vuoi forse vivere sotto i ponti?>>
<<No>>
risposi secco.
<<Allora
cambia aspirazione>>
<<Io
ci riesco>>
<<Sei
pure testardo>>
<<Io
lo so.>>
<<Sai
cosa?>>
<<Che
ci riesco>>
Quando
capì che comportandosi in quella maniera non sarebbe servito a nulla, mutò
improvvisamente atteggiamento, con una naturalezza che solo le donne sanno
assumere. Mi guardò con aria di sfida e disse <<Allora sentiamo, signor
poeta, come fai a saperlo?>>
<<Oh,
è ovvio. È il mio destino>> le dissi gongolando.
<<Il
destino non esiste, Alessandro>>
<<Sì
che esiste>>
<<No>>
<<Il
destino esiste, Giulia.>> ripresi io con tono improvvisamente serio,
<<ne scrivono e ne sono convinti i più grandi scrittori esistiti. Ne
parla Omero, come sai, Esiodo, Virgilio… e poi Machiavelli, Dostoevskij,
Bukowski. Giusto per citarne alcuni.>>
<<Persone
che hanno raggiunto il successo>>
<<Esatto>>
<<E
che hanno trovato una giustificazione alla loro realizzazione>>
<<No>>
<<Sì>>
<<Sei
cinica>>
<<Realista.>>
<<Cinica.>>
<<Sognatore.>>
Eravamo due mondi diversi, destinati inevitabilmente a scontrarci. Io asociale e solitario per
natura e lei, una folle squinternata. Forse eravamo destinati a restare insieme per sempre.
<<Fatum est
ordo seriesque causarum>>
<<Fata volentem ducunt, nolentem trahunt>>
<<Seneca?>>
<<No,
Alessandro Neri>>
<<Cretino.>>
Sorrise.
Fu un attimo; il lieve inarcarsi di una ruga sul labbro, ma lo fece. Per la
prima volta. Io non l’ho più scordato.
<<Hai
i denti a coniglio!>> le feci sorpreso.
<<Lo
so, e sono bellissimi>> rispose lei con la finta alterigia del vezzo.
<<Bellissimi
poi… potrei scriverci una poesia, sai? Sono molto bravo, posso scrivere di
tutto>>
<<Di
tutto?>> disse facendo scivolare la lingua sui dentoni <<E allora
vediamo questo tutto, mio caro>>
Le chiesi
una penna ed un foglio. Strappò un altro pezzo del libro, e poi raccolse il
portapenne dalla borsa.
<<Prego>>
<<Allora…
mmh, dammi solo un paio di minuti che… Sì, ecco.
Denti
a coniglio
finestre
semiaperte
di
un balcone vermiglio.
Un
quinario con due settenari in alternanza di accenti pari e dispari! La conosci
la metrica, vero?>>
<<Tu
sei pazzo>> Disse con gli occhi spalancati scandendo ogni singola
sillaba.
Io non le
risposi. Aveva ragione dopotutto. Ero pazzo, già pazzo di lei.
Nessun commento:
Posta un commento