mercoledì 8 luglio 2015

Capitolo II

II

La vidi per la prima volta il nove febbraio del 2013, era seduta ad un bar e strappava pagine dal libro di filosofia per farne dei filtri. L’appuntamento glielo avevo dato io, tramite amici; alle 18.30 al bar Algi, la paradossalità di un nome che era formato dalla prima sillaba dei nostri due messi insieme. Giulia e Alessandro… Giulia e Alessandro (quanto mi manca sentirli ripetere).
Quel giorno aveva indosso un vestito lungo, nero, che le copriva le gambe fin sui ginocchi e  un paio di ballerine dello stesso colore abbinate ad un simpatico cappello  francese.
<<Alessandro!>> mi disse impulsiva quando le apparvi di fronte. Non <<Tu devi essere…>>, <<Ciao, sono Giulia, tu sei…?>>. No, Alessandro. Un nome secco, diretto, detto con l’irruenza della sicurezza, con la sfrontatezza della gioia; così come irruenta e gioiosa era tutta la sua persona.
<<Ciao…> le risposi io, <<tu sei… Giulia>> soggiunsi con un po’ di finta incertezza, non sapendo come reagire al suo modo di fare. Sorrise. <<Siediti, dai>>.
Allora mi sedetti. In un modo un po’ macchinoso.
<<Hai un accendino?>> Subito ripartì con le domande.
<<Sì>>
<<Allora. Sei anche tu a lettere classiche?>>
<<Sì>> le risposi allo stesso modo, mentre l’aiutavo ad accendere.
<<Come mai hai scelto lettere?>>
<<Lo sai che è una domanda terribile, vero?>>
<<Lo so>>
<<Per fortuna!>>
<<Però rispondi lo stesso>> disse in concomitanza alla mia frase.
<<Va bene… allora… è… come dire… ho scelto lettere classiche perché sono bravo col greco>>
<<Modesto!>> disse subito lei.
<<… e perché ho un sognoefammifinirelefrasi>> le risposi tutto difilato.
<<Un sogno?>>
<<Un sogno.>>
<<Vuoi insegnare?>>
<<No>> dissi con una punta di mistero, riponendo l’accendino nella tasca destra del giubbotto.
<<Vuoi diventare professore universitario?>>
<<No>>
<<Vuoi…>>
<<Voglio fare il poeta>>
<<…>>
Ci furono secondi di silenzio e poi
<<Oddio, eccone un altro>> sbuffò improvvisamente portando la mano alla fronte <<vuoi forse vivere sotto i ponti?>>
<<No>> risposi secco.
<<Allora cambia aspirazione>>
<<Io ci riesco>>
<<Sei pure testardo>>
<<Io lo so.>>
<<Sai cosa?>>
<<Che ci riesco>>
Quando capì che comportandosi in quella maniera non sarebbe servito a nulla, mutò improvvisamente atteggiamento, con una naturalezza che solo le donne sanno assumere. Mi guardò con aria di sfida e disse <<Allora sentiamo, signor poeta, come fai a saperlo?>>
<<Oh, è ovvio. È il mio destino>> le dissi gongolando.
<<Il destino non esiste, Alessandro>>
<<Sì che esiste>>
<<No>>
<<Il destino esiste, Giulia.>> ripresi io con tono improvvisamente serio, <<ne scrivono e ne sono convinti i più grandi scrittori esistiti. Ne parla Omero, come sai, Esiodo, Virgilio… e poi Machiavelli, Dostoevskij, Bukowski. Giusto per citarne alcuni.>>
<<Persone che hanno raggiunto il successo>>
<<Esatto>>
<<E che hanno trovato una giustificazione alla loro realizzazione>>
<<No>>
<<Sì>>
<<Sei cinica>>
<<Realista.>>
<<Cinica.>>
<<Sognatore.>>
Eravamo due mondi diversi, destinati inevitabilmente a scontrarci. Io asociale e solitario per natura e lei, una folle squinternata. Forse eravamo destinati a restare insieme per sempre.
<<Fatum est ordo seriesque causarum>>
<<Fata volentem ducunt, nolentem trahunt>>
<<Seneca?>>
<<No, Alessandro Neri>>
<<Cretino.>>
Sorrise. Fu un attimo; il lieve inarcarsi di una ruga sul labbro, ma lo fece. Per la prima volta. Io non l’ho più scordato.
<<Hai i denti a coniglio!>> le feci sorpreso.
<<Lo so, e sono bellissimi>> rispose lei con la finta alterigia del vezzo.
<<Bellissimi poi… potrei scriverci una poesia, sai? Sono molto bravo, posso scrivere di tutto>>
<<Di tutto?>> disse facendo scivolare la lingua sui dentoni <<E allora vediamo questo tutto, mio caro>>
Le chiesi una penna ed un foglio. Strappò un altro pezzo del libro, e poi raccolse il portapenne dalla borsa.
<<Prego>>
<<Allora… mmh, dammi solo un paio di minuti che… Sì, ecco.

Denti a coniglio
finestre semiaperte
di un balcone vermiglio.

Un quinario con due settenari in alternanza di accenti pari e dispari! La conosci la metrica, vero?>>
<<Tu sei pazzo>> Disse con gli occhi spalancati scandendo ogni singola sillaba.

Io non le risposi. Aveva ragione dopotutto. Ero pazzo, già pazzo di lei. 


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